animoji apple

Una software house fa causa a Apple sulle animoji di iPhone X

Una software house giapponese ha fatto causa a Apple davanti a un tribunale americano in relazione ai diritti riguardanti il termine animoji, sostenendo che l’azienda di Cupertino avrebbe rubato il nome per usarlo sul nuovo iPhone X.

Emonster kk, società con sede a Tokyo, ha deciso mercoledì di trascinare in giudizio Apple in un Tribunale di San Francisco sostenendo di avere la proprietà sul termine animoji e che Apple avrebbe deliberatamente scelto di utilizzare questa parola sapendo di infrangere il trademark esistente.

La funzionalità che Apple ha inserito nel suo nuovo iPhone X permette agli utenti di animare le espressioni delle classiche emojis utilizzando la tecnologia di riconoscimento facciale.

Molti di voi ricorderanno come lo stesso Phil Schiller, chief marketing officer di Apple, avesse inscenato un siparietto (peraltro di dubbio gusto) durante la presentazione di iPhone X, avvenuta lo scorso 12 settembre. Definendo la funzione come “una grande esperienza di comunicazione con familiari e amici” aveva mostrato come gli utenti potessero ora parlare con il volto della propria emoji preferita (e per mostrare la funzionalità era stata proprio scelta la faccina che rappresenta un escremento).

In realtà il Ceo di Emonster Enrique Bonansea aveva lanciato, nel 2014, un’app di texting chiamata proprio Animoji e aveva poi registrato il marchio e il nome del prodotto secondo quanto si apprende dalla denuncia depositata.

Apple avrebbe peraltro dovuto essere al corrente dell’esistenza dell’app di Emonster e del suo nome, avendola ospitata nel proprio store, continuano gli avvocati di Emonster.

Apple ha deciso di prendersi il nome e ora pretende di dire al mondo intero che tale nome è di sua proprietà ed è originale”, affermano i legali della software house americana.

Emonster ora combatterà davanti ai giudici per un risarcimento pecuniario del danno subito da Apple e cercherà di bloccare l’utilizzo del nome animoji nell’iPhone X, in pendenza di giudizio. Sempre, naturalmente, che non si giunga a un accordo extra-giudiziale, eventualità che al momento sembrerebbe però piuttosto remota.