Bill Gates: la proposta shock
La narrativa fantascientifica lo aveva previsto: robot e computer sono destinati a sostituire l’uomo nel processo produttivo. Peccato che questa sarebbe dovuta essere una buona notizia; un vantaggio per l’umanità, che avrebbe potuto dedicare il proprio tempo a più nobili occupazioni. In passato, invece, le macchine erano viste con diffidenza dagli uomini. Non a caso, a ridosso della rivoluzione industriale si diffuse il luddismo. Il nome del movimento deriva da Ned Ludd, un giovane, probabilmente mai esistito realmente, che nel 1779 avrebbe distrutto un telaio meccanico in segno di protesta. Ludd divenne simbolo della distruzione delle macchine industriali e si trasformò nell’immaginario collettivo in una figura mitica, protettore di tutti i lavoratori salariati.
Il luddismo
Oggi con il termine luddismo vengono indicate tutte le forme di lotta violenta contro l’introduzione di nuove macchine e, per estensione e con intento denigratorio, ogni resistenza al mutamento tecnologico. La premessa era doverosa alla luce della proposta shock di Bill Gates, fondatore di Microsoft, e da tempo anche l’uomo più ricco del mondo. “Se un essere umano guadagna 50 mila dollari all’anno, lavorando in una fabbrica, deve pagare le imposte. Se un robot svolge gli stessi compiti, dovrebbe essere tassato allo stesso livello. Non ritengo che le aziende che producono robot si arrabbierebbero se fosse imposta una tassa. L’utilizzo dell’intelligenza artificiale può generare profitti con risparmi sul costo del lavoro».
Insomma, il filantropo americano propone addirittura una doppia tassazione, la prima, a monte, pagata dai costruttori di robot, la seconda, a valle, pagata da chi li utilizza nel processo produttivo sottraendo lavoro alle persone. Con questi soldi si potrebbero finanziare corsi di ricollocamento per chi ha perso il lavoro e, in un prossimo futuro, magari arrivare al sogno del reddito di cittadinanza.
Gli scenari
In realtà anche sull’incidenza dei robot nel mondo dl lavoro le stime sono contrastanti. Uno studio di McKinsey dice che con le attuali tecnologie solo il 5% dei posti di lavoro sarebbe a rischio; ma il progresso avanza rapidamente e le stime potrebbero cambiare. Altri studi prevedono di 8 milioni di posti di lavoro persi negli Usa e 15 milioni in Gran Bretagna. Chi ha ragione? Difficile dirlo, ma la storia si ripete e presto potremmo trovarci di fronte a un nuovo luddismo di natura digitale.