Divertirsi e vincere a poker: questione di momenti e di psicologia

Il poker è un gioco divertente e ricco di momenti entusiasmanti, fatti di picchi di adrenalina e aspettative elevate. Proprio queste caratteristiche del gioco attirano gli appassionati, stimolati dal fatto che può accadere qualsiasi cosa in qualsiasi momento che può capovolgere la situazione. Come sempre accade nel mondo del gioco d’azzardo, però, i cambiamenti possono essere sia positivi sia negativi. Non può andare sempre tutto bene, ed è proprio in questi casi che un giocatore professionista deve riuscire a non farsi prendere dall’emotività. L’unico modo davvero costruttivo per proseguire e non farsi travolgere dagli eventi è infatti approcciare il gioco tenendo sempre il polso della situazione e, di conseguenza, imparando a gestire alcuni momenti che si rivelano cruciali per la partita e tenendo in considerazione alcuni aspetti psicologici.

I momenti chiave durante una mano a poker

Una partita di poker comprende sempre dei momenti che vengono considerati fondamentali per l’esito finale del gioco. Basti prendere come esempio il Texas Hold’Em, dove gli istanti che precedono la scoperta delle carte comuni a terra (flop, turn e river) sono essenziali per definire le puntate dei giocatori. È in questo momento, infatti, che si decide se vedere la puntata, passare la mano, rilanciare o contro rilanciare. Ed è proprio in questo momento, quando le prime tre carte comuni (flop) sono ancora coperte, che un giocatore deve essere abile nel valutare la forza della mano in preflop, come spiegato in alcune guide online. È ovvio che in questo frangente nulla deve essere lasciato al caso e che è necessario contare soprattutto sul calcolo delle probabilità e sullo studio degli avversari e del contesto, sempre decisivo per un gioco come il poker.

Vincere a poker è una questione di psicologia

Probabilmente ciò non risulterà nuovo ma, al contrario di quanto accade per altri videogiochi, l’aspetto psicologico nel poker conta moltissimo. Questo aspetto infatti può fare una grande differenza nel caso in cui a giocare sia un talento naturale, un professionista del settore o un neofita, che non ha grandi aspettative. Parlando di psicologia, poi, vengono chiamati in causa due aspetti: in primo luogo l’autocontrollo, ossia la capacità di tenere a freno le proprie emozioni e conservare l’abilità di fare sempre mosse ragionate, facendosi guidare dall’intelletto e non dall’istinto. In secondo luogo, l’aspetto psicologico riguarda anche ciò che facciamo intenzionalmente trasparire dai nostri comportamenti, in particolare da alcuni segnali e gesti involontari. Questa è infatti una vera e propria arte dell’inganno, indicata nel poker con il termine anglosassone “deception” (“inganno”).

Un approfondimento su bluff e deception

Il bluff può essere inteso certamente come un comportamento, ma anche come un momento chiave per il giocatore. In realtà c’è sempre una fase preliminare dove si studiano i comportamenti avversari, i loro tic, le loro routine e tutto il contesto che li circonda. Di conseguenza, un bluff parte sempre da una corretta interpretazione dei linguaggi del corpo, studiando attentamente chi è seduto attorno al tavolo con noi. Poi si passa dall’attesa all’azione, cercando di far passare messaggi equivoci e di non rendere manifeste le strategie che si stanno mettendo in atto. È un po’ come il gioco del gatto e il topo: a volte è il giocatore a cacciare, altre volte invece questo indossa i panni della vittima. Chi sa bluffare e interpretare correttamente i segnali degli altri riesce a catturare la preda o a sfuggire al “cacciatore”, a seconda delle circostanze. Anche quando le cose si mettono male, quindi, un giocatore abile e razionale riesce a minimizzare i danni.

Quando le cose non vanno: il downswing

Ogni giocatore di poker, dal professionista a quello meno esperto, ha attraversato almeno una volta il periodo del cosiddetto “downswing” durante il gioco. Si tratta di una sorta di fase di “depressione” applicata ai tavoli da gioco: il downswing arriva infatti quando, dopo una serie di giocate molto positive e vincenti, le cose iniziano ad andare improvvisamente male e la situazione si capovolge. Quando arriva il downswing il giocatore vede tutto negativo, comincia a perdere fiducia in sé e nelle proprie capacità e dimostra poca lucidità nelle proprie scelte. Inizia quindi a credere che fino a quel momento le situazioni positive siano state dettate esclusivamente dalla fortuna, e comincia a giudicarsi meno capace degli altri. Di conseguenza, il downswing può diventare uno dei momenti psicologicamente più pericolosi nel gioco del poker: questo perché si cominciano a commettere errori su errori che, in una situazione diversa, il giocatore non avrebbe mai fatto; è chiaro quindi che in casi come questi mancano la concentrazione e la lucidità necessarie per gestire il tavolo e il contesto.

In ogni caso, uscire dal downswing si può, facendo un passo indietro e prendendosi una pausa, che può essere certamente utile anche per studiare meglio il gioco e comprendere che esistono dei momenti decisivi che possono fare la differenza.

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Andrea Puchetti

Appassionato di tecnologia fin dalla nascita. Sempre in giro con mille gadget in tasca e pronto a non farsi sfuggire le novità del momento per poterle raccontare sui canali di Cellulare Magazine.