Ecco i nuovi iPad Air 2 e iPad Mini 3

Fin troppo facile dire che l’evoluzione nei tablet ha subito un rallentamento e, di conseguenza, anche le vendite hanno smesso di mostrare incredibili trend a doppia cifra percentuale di crescita. Cercare un legame tra i due fenomeni significa sviare l’attenzione dai fatti. Vediamoli dunque i fatti. Gartner sostiene che c’è stata una frenata nelle vendite di tablet ma c’era da aspettarselo: finita la fase di euforia, passato l’entusiasmo generato dall’acquistare il tablet invece del notebook, si arriva al “plafonamento”.

Ossia le tavolette elettroniche hanno esaurito la loro aurea di novità, di prodotto  nuovo, appetitoso ed esotico per rientrare nella normalità. Così è “normale” avere un tablet o, meglio, è sempre meno originale esibirlo in ufficio, con gli amici, nel tempo libero e a scuola. In meno di un paio di anni si è trasformato in un dispositivo del nostro quotidiano, un mezzo comodo, pratico, semplice e immediato per essere on-line; merito degli smartphone che gli hanno aperto la strada e ne hanno collaudato nel tempo il modello di utilizzo (la portabilità, le dimensioni compatte, la disponibilità di app e così via). 

Dunque era inevitabile che la velocità di penetrazione si arrestasse al raggiungimento di una certa soglia di diffusione e fama del tablet; siamo lontani dalla saturazione del mercato, di certo è stata superata la fase di acquisto compulsivo per il gusto di esibire la più recente e ambita primizia tecnologia.

L’altro fenomeno, però disgiunto, è quello relativo all’evoluzione meno entusiasmante. E qui entra in gioco l’annuncio di ieri sera di Apple. I nuovi iPad non hanno generato il tanto ambito effetto “wow” perché le novità sono sostanzialmente solo estetiche. L’unica vera innovazione introdotta è Touch ID, per proteggere l’accesso alle funzioni e agli acquisti attraverso le impronte digitali. L’altra novità, non innovazione, è il design nuovo per rispettare il familiy feeling più recente di Apple introdotto con i nuovi iPhone, colorazioni incluse. Purtroppo i due nuovi iPad sono un piccolo passo in avanti rispetto a quanto già disponibile.
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Certo, l’Air 2 è quello davvero interessante: è il modello che chi vi scrive sceglierebbe di acquistare oggi stesso. Il processore è quanto di meglio oggi si possa avere in abbinamento a iOS: 40 volte più efficiente in termini di elaborazione e 2,5 volte più rapido nella grafica, tutto senza rinunciare all’autonomia. Ma la scelta è solo per via della potenza bruta esprimibile dall’Air 2. Sì, perché il display da 9,7″ è sempre lo stesso; e l’iPad Mini 3 è solo un abbellimento estetico rispetto all’attuale Mini Retina. Non c’è traccia di fantasiosi modelli con 12 e più pollici; non ci sono novità eclatanti solo, in estrema sintesi, un fisiologico miglioramento funzionale e prestazionale.

Ci si poteva aspettare di più? Ci si doveva aspettare di più ma è comprensibile la scelta di Apple. Continuare a migliorare dal punto di vista della qualità costruttiva, introdurre le novità principali sul modello di punta e mantenere un’omogeneità di base con quanto fatto finora. Per garantire la piena compatibilità del parco delle app disponibili, elemento che ancora deve maturare, e, nel caso del Mini, per assicurare la massima coerenza con gli accessori disponibili. 

Laddove Apple può ancora lavorare per recuperare un po’ di effetto wow è nella parte software, introducendo il tanto atteso supporto multitasking che permette di operare su due app in contemporanea suddividendo lo schermo in aree. Insomma, la coerenza stilistica, funzionale e di piattaforma sembra aver avuto la meglio nelle stanze di Cupertino piuttosto che la voglia di creare una spaccatura netta con il percorso finora seguito.

E qui torniamo al discorso iniziale. I tablet hanno inevitabilmente allo stato attuale un tasso di innovazione inferiore rispetto al periodo iniziale di forte espansione. Le piattaforme hardware e software sono ormai collaudate, hanno superato la fase di maturazione e sono già giunte a un periodo di consolidamento. Infatti, non è la parte hardware che deve evolvere: certo i processori saranno sempre più efficienti, ma in modo marginale rispetto alla versione precedente; i display avranno polliciaggi superiori, va da sè. Ma è sulla parte software che bisogna concentrarsi per iniziare a sfruttare al meglio le risorse già disponibili e quelle future.

Allo stato attuale l’hardware è in qualche modo “limitato” da un software che ha seguito uno sviluppo meno prepotente, rapido e repentino. Se rallentare l’innovazione nella parte hardware serve a riportare il software a un livello di equilibrio o, meglio, di sfruttamento superiore delle componenti interne, allora si può dire che vale la pena di attendere innovazioni “wow” rimandate nel prossimo futuro. Abbiamo parlato di Apple ma non confondiamoci: il discorso vale anche per Android. Eccome se vale.

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Massimo Morandi

Giornalista, milanese, appassionato di tecnologia. Ama viaggiare, la buona cucina e il calcio.