Apple contro Epic Games

Epic Games contro Apple: la battaglia in Tribunale ha avuto inizio

Il processo che si celebra a Oakland, in California, e che dovrà risolvere la disputa fra i due colossi Apple ed Epic Games è cominciato l’altro ieri. Durerà all’incirca tre settimane e il suo esito potrebbe essere destinato a riscrivere le regole di accesso ai servizi attraverso gli store di applicazioni. Così come i suoi costi e i relativi prezzi.

L’accusa di Epic a Apple

Da un lato, i fatti sono molto semplici. Epic sostiene che le regole che stanno alla base del funzionamento dell’App Store siano ingiuste e che alle app come Fortnite dovrebbe essere consentito un funzionamento differente. Allo stesso tempo, però, l’intrigo è incredibilmente complesso. Il processo ruoterà infatti intorno alle regole che sono oggi alla base di gran parte della tecnologia e dei servizi che utilizziamo quotidianamente e che una parte (Epic Games) ritiene debbano essere cambiate.

La controversia al centro dello scontro risale alla metà del 2020, quando Epic ha (volontariamente) inserito un nuovo sistema di acquisto nell’app di Fortnite che permetteva ai consumatori di acquistare l’app aggirando le commissioni del 30% che sarebbero state dovute ad Apple. Commissioni che la stessa Apple addebita su ogni acquisto effettuato da un’app scaricata dal suo store.

Epic ha infranto la policy di Apple e l’app di Fortnite – di proprietà di Epic Games – è stata immediatamente rimossa dall’App Store. A questo punto Epic ha citato in giudizio Apple. I suoi argomenti non fanno riferimento solo a questo evento specifico, ma sono molto più generali: Epic sostiene che Apple stia abusando della sua posizione dominante sugli sviluppatori, richiedendo loro di sottoscrivere regole ingiuste per accedere all’App Store.

Cosa chiede Epic Games

Epic chiede “modifiche al comportamento di Apple” che consentano all’azienda di non pagare le commissioni attuali pur distribuendo le proprie app tramite l’App Store. È dunque chiaro a tutti che se Epic vincesse il giudizio e ottenesse quanto richiesto, la sentenza rappresenterebbe un terremoto nel mondo dei colossi tech e potrebbe cambiare per sempre alcuni dei principi guida non solo dell’App Store di Apple ma anche dei negozi virtuali di altre piattaforme di distribuzione: parliamo di PlayStation, Xbox, Google e di molte altre aziende.

Epic ha iniziato la trattazione della causa accusando Apple di aver costruito un giardino recintato (walled garden, n.d.r) che utilizza per pretendere ingiustamente commissioni dagli sviluppatori che vogliano mettere le loro app a disposizione dei miliardi di utenti iPhone del mondo.

Katherine Forrest, l’avvocato di Epic ha iniziato la sua arringa con un’espressione molto colorita, affermando: “Il fiore più comune nel giardino recintato di Apple è la “Venus Flytrap“, con riferimento alla celebre pianta carnivora che divora tutto quello che vi si posa.
Toni aspri, dunque, che rischiamo di acuirsi nel corso del giudizio, con il passare delle udienze.

Apple respinge l’accusa

Apple ha respinto l’accusa: “Epic vorrebbe avere tutti i vantaggi offerti da Apple senza pagare”, ha affermato l’avvocato della mela morsicata Karen Dunn. Apple afferma che le commissioni del 30% applicate alle vendite coprirebbero i costi di gestione dei pagamenti, l’amministrazione e la sicurezza dell’App Store. Sbarazzarsene alla leggera renderebbe l’uso dell’iPhone meno sicuro.

Nell’aula dove si svolge il processo si alterneranno alcune fra le persone più potenti del mondo. Fra queste, l’amministratore delegato di Epic Tim Sweeney, già interrogato, e il capo di Apple Tim Cook. Ma sfileranno per testimoniare anche esperti accademici: si dovrà insomma stabilire se le commissioni imposte da Apple siano eque.

Epic – per il momento almeno – non chiede danni. Chiede invece che il tribunale pronunci un’ingiunzione in grado di costringere Apple a cambiare le proprie pratiche di gestione dell’App Store. Se ciò dovesse accadere e se il Tribunale darà in qualche modo ragione a Epic a Apple non restrebbe che rivolgersi in appello alla Corte Suprema.

Il caso offre uno spaccato di quello che legislatori ed autorità di regolamentazione stanno analizzando da tempo, che non riguarda certo solo Apple. Bisognerà stabilire se le più grandi aziende tecnologiche del pianeta stiano con i propri comportamenti e le proprie policy incoraggiando o limitando la concorrenza. O stiano solo utilizzando i propri canali per soffocare lentamente i diretti competitor.

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Massimo Morandi

Giornalista, milanese, appassionato di tecnologia. Ama viaggiare, la buona cucina e il calcio.