anatomia di un rapimento

Film (cult) per il weekend: Anatomia di un rapimento #28

  • Titolo: Anatomia di un rapimento
  • Genere: Thriller
  • Anno: 1963
  • Durata: 2 ore e 23 minuti
  • Regista: Akira Kurosawa
  • Attori principali: Toshiro Mifune, Tatsuya Nakadai, Tatsuya Mihashi, Kyoko Kagawa

 

Cover Quando si parla di Kurosawa è facile immaginare storie di samurai, ambientate in un Giappone feudale. Oppure storie intime di personaggi che riflettono sull’esistenza. Anatomia di un rapimento è, invece, una delle rare incursioni del maestro nipponico in un genere – quello del thriller – che poco gli appartiene. Il risultato però è strepitoso.

Gondo (interpretato dall’attore simbolo di Kurosawa, Toshiro Mifune) è un uomo d’affari impegnato nella scalata ai vertici dell’azienda di scarpe per la quale lavora. In contrasto con gli altri soci ha deciso di acquistare la maggioranza di azioni della società per diventarne il capo. Per questo ha racimolato 50 milioni di yen, ipotecando perfino la casa in cui vive. La sera prima di investire i soldi riceve una telefonata. Suo figlio è stato rapito. Se lo vuole rivedere dovrà pagare un riscatto di 30 milioni. Dopo qualche minuto però… suo figlio compare.

A essere stato rapito è un suo amichetto, figlio dell’autista di Gondo. Accortosi dell’errore, il rapitore richiama… la sua richiesta non cambia. Altrimenti ucciderà il bambino. Inizialmente Gondo non è intenzionato a pagare, perché perdere quei soldi significa finire in rovina. Poi però si convince e consegna il denaro. A questo punto entra in gioco la polizia e il fulcro del film diventa l’indagine per cercare di trovare il rapitore.

Anatomia di un rapimento

Kurosawa adatta per il grande schermo un romanzo di Ed McBain e propone un film che, idealmente, si può dividere in due parti. La prima, che si svolge interamente all’interno dell’appartamento di Gondo, è una sorta di piece teatrale, con un ritmo serrato e claustrofobico. La seconda, che ha inizio con la strepitosa scena della consegna del denaro sul treno, focalizza l’attenzione sulla polizia e sul rapitore, di cui ci viene svelata l’identità. Ma sarà il finale – dopo una lunga e incredibile sequenza per i sobborghi della città, in particolare nel quartiere dei drogati, veri e propri zombie che ispireranno il cinema di genere negli anni a venire – a svelare le motivazioni del rapimento.

Anatomia di un rapimento è un capolavoro. Ancora attualissimo nonostante abbia più di 50 anni. Girato in un suggestivo bianco e nero, in una sola occasione interrotto da una chiazza di colore (che vi riporterà alla mente l’analogo espediente scelto da Spielberg per Schindler’s list). Difficile muovere critiche al film, se non un’eccessiva lunghezza della seconda parte. Se vi definite “appassionati di cinema”, dovete vederlo.

Il mio voto è: 8,5

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