- Titolo: Timbuktu
- Genere: Drammatico
- Anno: 2014
- Durata: 1 ora e 37 minuti
- Regista: Abderrahmane Sissako
- Attori principali: Ibrahim Ahmed, Abel Jafri, Toulou Kiki, Mehdi Mohamed
Timbuktu è una città del Mali culla di antiche civiltà e famosa per le migliaia di manoscritti islamici conservati nella sua biblioteca ma anche nelle abitazioni private. I fasti del passato non corrispondono al presente. La città è infatti stata teatro di scontri e guerre. E – fino all’arrivo delle truppe francesi nel 2013 – ha subito l’occupazione da parte dei jihadisti, che hanno imposto una legge islamica fatta di divieti e privazioni alla popolazione.
Da qui parte il film di Sissako, che racconta la vita di Kidane, un pastore tuareg e della sua famiglia. Un’esistenza fatta di piccoli riti e attività di tutti i giorni che viene inevitabilmente sconvolta da chi ha occupato quelle terre. Il protagonista decide di non fuggire, confidando che gli invasori come sono arrivati vadano via. E invece deve assistere a ingiustizie e proibizioni.
Diventa vietato cantare, fumare, ascoltare musica, stare seduti davanti a casa, giocare a calcio. I jihadisti impongono la loro legge. E girano con le jeep e i megafoni per gridare e fare rispettare le loro regole. In una delle scene più belle del film un gruppo di ragazzini gioca a calcio in un campetto polveroso: passaggi, tiri, dribbling, entrate in scivolata. Tutto senza il pallone, oggetto demonizzato dagli estremisti. La risposta ai divieti assurdi non può che essere una partita assurda. E poetica.
Timbuktu: l’ironia come risposta
Il regista ha scelto di rispondere alla violenza degli estremisti con la leggerezza. E l’ironia. Così la partita simulata è solo uno degli esempi di come uomini e donne rispondano alle illogiche privazioni della libertà. Come fa sorridere la difficoltà di comunicazione tra le persone e tra i jihadisti stessi, in un guazzabuglio di idiomi, dialetti e lingue straniere.
Ma la drammaticità di quello che vivono Kidane e i suoi connazionali è espressa anche da scene di vero orrore, come quella della lapidazione oppure la caccia casa per casa di chi ascolta musica. Il film di Sissako non è certo perfetto, non mancano momenti meno convincenti (soprattutto nella parte centrale) e gli attori sono per la maggior parte non professionisti. Però il messaggio lanciato è potente e non lascia indifferenti.
Il mio voto è: 7,5
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