Nella giornata di ieri Samsung ha interrotto ufficialmente le vendite e la produzione del proprio top di gamma con il pennino, il Galaxy Note 7. Nelle prossime settimane il produttore coreano sarà impegnato in Usa, Asia e parte dell’Europa a ritirare milioni di unità difettose i cui danni stimati per mancanti incassi superano i 16 miliardi di dollari. Quelli d’immagine, invece, non sono neanche quantificabili.
Al contrario del primo richiamo, difficilmente gli sfortunati possessori vedranno nuovamente il proprio telefono e dovranno accontentarsi di un rimborso totale o della sostituzione con un Galaxy S7 Edge affiancato da un piccolo rimborso.
Ma andiamo per ordine e ripercorriamo le tappe di questa tortuosa vicenda.
Galaxy Note 7: i motivi del primo richiamo
Era il 2 di settembre quando Samsung dovette fare i conti con 35 casi di Note 7 esplosi, tanto da dover sospendere le vendite dopo sole due settimane dal lancio provvedendo a richiamare oltre 2.5 milioni di pezzi venduti. In realtà, i casi certificati e le bufale hanno superato ampiamente quota cento.
In prima battuta si diede la colpa alle batterie prodotte dalla società Samsung SDI. Sì, perché a rifornire i Galaxy Note 7 c’è una sussidiaria di Samsung per il 70% e un’altra società, Amperex Technology, sotto l’ala della giapponese TDK Corp.
Con il passare del tempo alcune speculazioni identificarono il problema nelle dimensioni delle batterie, che obbligavano una compressione innaturale in fase d’installazione tanto da provocare dei corti circuiti.
Galaxy Note 7: il secondo richiamo
I modelli difettosi sono stati richiamati, sostituiti e nuovamente immessi sul mercato. Tempo qualche giorno ed è scoppiato un nuovo polverone, con l’esplosione di alcuni modelli ritenuti sicuri.
I tre principali operatori statunitensi si sono subito fatti da parte, interrompendo le vendite del Note 7 e promettendo rimborsi immediati. Alle strette e nel giro di 24 ore, Samsung ha deciso di fare lo stesso oltre a interrompere la produzione.
In questo scenario anche le batterie dell’Amperex sembrano essere coinvolte, segno evidente che i problemi vanno ricercati altrove e ora come ora rimangono sconosciuti. C’è anche chi punta il dito contro lo standard di ricarica rapida proprietario utilizzato nei modelli con processore Snapdragon di Qualcomm ma è ancora tutto da vedere…
Che fine farà il Galaxy Note 7?
E’ qui che troviamo il dubbio più grande. Sicuramente non riceveremo notizie per qualche settimana e Samsung si riguarderà bene da darle prima di aver elaborato una strategia vincente. Probabilmente il numero sette va saltato: rivedere ogni singola unità è impensabile, ricrearne altri si andrebbe a scontrarsi con l’immagine (danneggiata) del prodotto.
Per la produzione di un nuovo modello ci vorrebbero almeno 1-2 mesi, ancora di più per la progettazione. La gamma Note sembra compromessa e probabilmente la soluzione migliore è quella di affiancare alla gamma “Galaxy S” un modello “Pro” a fine febbraio.
Ora la palla va a Samsung, urge una dimostrazione di forza per chi è leader incontrastato della telefonia mobile da tantissimi anni e che di certo non intende gettare la spugna proprio ora.