È tempo di pulizie di primavera per Google. Dopo vari tentennamenti, l’azienda ha annunciato un piano per ridurre drasticamente il numero di applicazioni presenti sul Play Store allo scopo di eliminare le più vecchie. Questo tipo di decisione non è nuova nel mondo delle app: ricordiamo i tempi in cui Apple rimuoveva interi blocchi di applicazioni ancora a 32 bit dal suo store.
Si parte a novembre
In un post sul blog, Google annuncia: “ A partire dal 1° novembre 2022, le app esistenti che non raggiungono un livello API entro due anni dall’ultima versione principale di Android non saranno più disponibili. Man mano che vengono rilasciate nuove versioni del sistema operativo Android, la finestra dei requisiti verrà adattata di conseguenza”.
In altre parole, dal 1° novembre, dopo il rilascio di Android 13, gli sviluppatori dovranno puntare almeno all’API di Android 11 per comparire sullo store.
Durante la creazione di un’applicazione Android, gli sviluppatori comunicano a Google (tramite un file Gradle) il livello API minimo e il livello API target dell’applicazione. I livelli API corrispondono ciascuno a una versione di Android (ad esempio livello API 30 per Android 11). Questa è una sorta di configurazione minima e la configurazione consigliata per utilizzare l’applicazione.
Perché ci sono molte app “vecchie”?
Il sito XDA-Developers spiega chiaramente i motivi di alcune scelte informatiche. Alcuni sviluppatori sono infatti volontariamente rimasti sui vecchi livelli API per evitare le restrizioni di Google sui permessi.
Con questo stratagemma, molte software house hanno consentito alle applicazioni di ignorare gli sforzi compiuti da Android per la sicurezza e la privacy per diversi anni. Il sito fa l’esempio di Snapchat, che da tempo utilizza l’API livello 22 di Android 5.1 per evitare la modifica dei permessi implementata da Google con Android 6.0.