Huawei ha lanciato oggi il suo nuovo sistema operativo HarmonyOS. dicharando che, entro la fine dell’anno, sarà installato su oltre 100 prodotti, fra smartphone, tablet, smartwatch, Tv ed altro. Molti di questi sono già in circolazione e saranno aggiornati.
È il passo di addio definitivo (e senza troppi rimpianti) a Google, alla sua piattaforma e ai suoi servizi, dopo il famigerato bando inflitto da Donald Trump ormai due anni fa. Un “ban” che ha causato non pochi problemi al produttore di Shenzen, facendogli perdere il prezioso terreno guadagnato nel segmento dei cellulari (dove Huawei era ormai arrivata a prendere Samsung e, in certi Paesi, a superarla) ma soprattutto danneggiandola sul fronte dell’approvvigionamento di materie prime e di processori, senza i quali produrre nuovi prodotti è praticamente impossibile.
Oggi è però il giorno della rinascita, della riscossa, e per molti motivi. Perché con HarmonyOS pronto per essere distribuito Huawei ha completato un percorso iniziato due anni fa e portato avanti con grande determinazione; perché la scelta fa uscire il brand di Shenzhen e i suoi consumatori dall’incertezza, mostra una via chiara seguita senza esitazioni, dopo un primo logico sbandamento. Perché HarmonyOS parte potendo contare su uno store ricco di app e su prodotti che continuano ad eccellere dal punto di vista dell’innovazione tecnologica. Non si ripeterà, insomma, l’errore fatale commesso da Microsoft nel mondo del mobile.
Per provare e giudicare HarmonyOS ci sarà tempo, oggi le considerazioni devono essere altre. Se qualcuno avesse mai pensato che il colosso cinese si fosse addormentato per sempre, ora dovrà fare i conti con il suo risveglio.
Ma c’è molto, molto di più dietro a HarmonyOS che una vendetta consumata fredda nei confronti di Google (rimasta peraltro sempre colpevolmente tiepida nei suoi atteggiamenti verso Huawei) e degli Usa. Il punto è che oggi c’è un terzo polo che nasce in un’area geografica capace non solo di correre veloce nello sviluppo dei programmi ma anche di aggregarsi con uno spirito ormai sconosciuto in Occidente.
Il piano è chiaro da tempo: unire sotto la bandiera di HarmonyOS tutti i produttori cinesi, da Xiaomi a OPPO, passando per realme, Honor e molti altri brand che insieme rappresentano ormai circa il 70% del mercato mondiale. Dopo tutto non si tratta di un punto di vista così visionario: abbiamo davanti agli occhi parecchi casi recenti in cui è bastato un input del governo centrale per convincere velocemente anche aziende private a seguire una precisa strategia di mercato.
Se questo dovesse accadere, allora Google e gli Usa, dovrebbero cominciare a preoccuparsi, perché rischierebbero di subire scacco matto.