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Huawei starebbe trattando per dare in licenza la sua tecnologia 5G agli operatori americani

Houston we have a problem! Dopo aver bannato Huawei dall’intrattenere relazioni commerciali con partner statunitensi, ora l’amministrazione Trump sembra aver fatto un’amara scoperta, per lo più anticipata dalla maggior parte degli osservatori nei mesi precedenti.

Le compagnie tecnologiche statunitensi non sarebbero in grado di offrire autonomamente la tecnologia necessaria per fornire gli operatori wireless americani ed aiutarli a costruire le reti 5G. In realtà, una soluzione ci sarebbe, cioé quella di rivolgersi ai concorrenti della stessa Huawei, come Nokia ed Ericsson, che però sarebbero parecchio più costosi.

I funzionari statunitensi hanno provato a chiedere ad aziende Usa come Cisco e Oracle di produrre tali apparecchiature, ma entrambe hanno rifiutato affermando che avrebbero impiegato troppo tempo e dovuto investire troppo denaro per entrare in questo business.

Il timore dell’amministrazione americana è stato più volte reso pubblico: Trump considera Huawei una minaccia alla sicurezza del Paese, una colpa che ricadrebbe più sulla legislazione cinese che sul produttore di Shenzen. Una legge vigente in Cina, infatti, dice che il regime comunista potrebbe chiedere a Huawei di raccogliere informazioni su aziende e consumatori americani e comunicarle a Pechino. E anche se Huawei ha sempre negato di aver trasmesso dati al governo cinese e ha reiteratamente affermato che si rifiuterebbe di offrire informazioni qualora venissero richieste, il dubbio di molti osservatori politici è che, il regime politico in cui la stessa Huawei opera, difficilmente permetterebbe un diniego a una richiesta ufficiale.

Da qui il timore che i prodotti Huawei, sia telefoni, sia apparecchiature di rete, contengano una backdoor utilizzabile per effettuare attività di intelligence.

Venerdì scorso, tuttavia, Reuters ha riferito che, con una mossa sorprendente, Huawei avrebbe avviato conversazioni con alcune società di telecomunicazioni statunitensi in merito alla concessione in licenza della propria tecnologia di rete 5G. Senza nominare le società americane coinvolte in questi colloqui, il senior vicepresident di Huawei e il consigliere di amministrazione Vincent Pang hanno affermato che le nelle conversazioni si è parlato della possibilità di accordi di licenza sia a lungo termine sia una tantum.

Pang non ha confermato che un accordo tra la sua azienda e uno dei carrier statunitensi potrebbe andare in porto in tempi brevi. Ma ha avvertito le aziende americane interessate solo a un accordo di licenza una tantum che il costo dello sviluppo continuo della tecnologia è ingente. Dal 2009 a oggi Huawei ha investito miliardi di dollari nello sviluppo delle sue apparecchiature di rete 5G.

La reazione dell’amministrazione Trump non si è fatta attendere: un funzionario del Dipartimento di Stato si è dichiarato pessimista sulla possibilità di giungere a tali accordi. “Non è realistico che i gestori acquistino le apparecchiature e gestiscano da soli il software e l’hardware”. Inoltre se anche il codice software venisse consegnato ai carrier da Huawei, eventuali bug nel software potrebbero sfuggire al rilevamento da parte degli operatori di casa. Ovviamente il termine “bug”, utilizzato dal funzionario di stato, cela il timore che nei codici vi possa essere la presenza di software progettato per inviare informazioni a Pechino.

L’amministrazione Trump ha per ora avvertito i suoi alleati di non utilizzare le apparecchiature Huawei nelle loro reti 5G. Mentre alcuni Paesi come il Giappone e l’Australia hanno tenuto conto di questo avvertimento, la maggior parte dell’Europa ha deciso di dare fiducia a Huawei.

I carrier statunitensi che decidessero di acquisire in licenza la tecnologia 5G di Huawei dovrebbero però essere in grado di rilevare eventuali anomalie e, tanto più, la presenza di una backdoor. Questo potrebbe essere il motivo per cui il governo degli Stati Uniti potrebbe permettere tali accordi di licenza in futuro, ben sapendo che, in caso contrario, il progresso tecnologico delle sue reti rischierebbe uno pericoloso stop.

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Massimo Morandi

Giornalista, milanese, appassionato di tecnologia. Ama viaggiare, la buona cucina e il calcio.