La corte d’appello della Corea del Sud ha condannato Lee Jae-yong, a capo di Samsung e figlio del defunto presidente dell’azienda, a 2,5 anni di carcere.
Il verdetto arriva dopo un processo durato tre anni che ha visto l’uomo imputato per aver tentato di corrompere una persona dell’ufficio del presidente.
Tutto è iniziato nel 2017, quando Lee ha offerto 30 miliardi di Won (circa 27,6 milioni di dollari) a Choi Seo-won, un consigliere dell’ex presidente della Corea del Sud, per aiutare una fusione tra Samsung C&T e Cheil Industries, che avrebbe permesso a Lee di succedere a suo padre e prendere il controllo di Samsung Electronics, una società fondata dal nonno.
L’ex presidente di Samsung è deceduto nell’ottobre 2020, lasciando vacante la prima posizione e un’eredità di 21 miliardi di dollari. Resta ora da vedere se la detenzione di Lee Jae-yong si rifletterà sulle performance complessive dell’azienda che aveva già supportato il manager nel suo primo periodo di detenzione (di un anno) permettendogli di continuare le sue attività di direzione anche da dietro le sbarre.
Lee, infatti, era stato originariamente condannatato a cinque anni di prigione ma l’Alta Corte di Seul aveva poi ridotto la pena a 2 anni e sospeso la condanna.
Ora la sentenza è definitiva e Samsung rischia di essere guidata, per i prossimi 24 mesi, da un manager in stato di reclusione.