Il grande pasticcio del bonus da 600 euro è stato servito nella migliore tradizione italica. Da questa mattina, infatti, gli italiani avrebbero dovuto essere in grado di richiedere il contributo una tantum previsto dal decreto Cura Italia.
Tuttavia, dopo il boom di richieste, il sito dell’INPS è andato giù. Peggio, molti utenti sono stati reindirizzati a una pagina di accesso a MyInps di un certo Luciano V. Uno sconosciuto utente, un contribuente come tutti gli altri che si è trovato addosso gli occhi di centinaia di migliaia di persone. Alla faccia delle privacy. E non finisce qui, perché dopo Luciano V. è stata la volta di Chiara F, di Vincenzo P. e di centinaia di sconosciuti la cui posizione è stata esposta al mondo, in luogo dei dati del navigatore in cerca di accesso.
Per pietas cristiana si potrebbe chiudere qui. Ma non si può, dopo aver letto le dichiarazioni del Presidente dell’istituto di Previdenza Pasquale Tridico che ha spiegato: «L’Inps sta creando procedure che non esistevano e questo con uno sforzo enorme per evitare disagi. Lavoriamo 24 ore al giorno per venire incontro ai lavoratori che sono in forte difficoltà e in queste ore si sta lavorando per mettere a regime il sistema che servirà 5 milioni di utenti che accedono ai bonus, e 5 milioni per chi accede alla cassa integrazione».
Il premier Conte ha parlato diffusamente di probabile attacco hacker senza probabilmente neppure ancora sapere quale sia la reale natura del problema. Insomma, il solito festival dell’improvvisazione.
E siccome non c’è mai limite al peggio, navigando fino al tardo pomeriggio sul sito inps.it, ci si è imbattuti in questa landing page.
Brutta, sciatta, da vergognarsi. Non compare un logo, una spiegazione, una seppur formale frase di scuse per l’inconveniente. Questa sì, sembra la home page di un sito hackerato. Manca solo un gatto nero, la firma che a volte lasciano gli hacker dotati di maggior humour.
La verità è che da giorni, settimane si sapeva il numero esatto delle persone che avrebbero avuto diritto al bonus e c’è stato tutto il tempo per cercare strade tecnicamente percorribili. In situazioni straordinarie, fare l’ordinario non basta caro Presidente Tridico, soprattutto quando ai contribuenti viene chiesto l’impossibile.
Se poi si rivelassero vere le voci riportate anche dal Corriere della Sera, secondo cui il grave black-out potrebbe essere stato causato da un errore di configurazione di una Cdn approntata (male) per l’emergenza dai solerti esperti software del Ministero, avremmo lo specchio perfetto di questo Paese.
Senza guida, senza ideee. Senza futuro. Perché quando tutti gli altri investivano in infrastrutture e decentralizzazione, questi pachidermici istituti ci concentravamo ancora sui moduli cartacei e sulla coda agli sportelli, pattugliati da personale demotivato e dall’attitudine urticante.
Parliamo dalla mattina alla sera di 5G, di banda larga e di Internet delle cose e non siamo capaci di far funzionare un sito punto di riferimento di milioni di contribuenti. Abbiamo rimandato gli investimenti sulla tecnologia, creato professioni fantasma come i Digital Champions, ma abbiamo lasciato che fossero solo le imprese a investire in ricerca e sviluppo (lo dice l’Istat, non noi).
E il risultato è quello che ci tocca amaramente constatare una volta ancora. Un fallimento nella gestione di un momento delicato sia dal punto di vista economico sia da quello psicologico. Non bastava la paghetta di 600 euro o la genialata (poi ritirata) del Click Day (che ci avrebbe dovuto fare annusare la puzza di fregatura). Ora anche la telenovela del sito down, l’attacco hacker e le spiegazioni lacunose di chi invece, in questo momento, dovrebbe mantenere le redini ben salde.
Gli italiani non si meritano tutto questo.