Annunciato con tanto clamore nel maggio 2021, l’App Tracking Transparency di Apple impone alle app di chiedere il permesso prima di tracciare i movimenti su iPhone diventando l’angolo di attacco più importante per differenziarsi da Android.
Secondo una recente pubblicazione del Financial Times, le regole sulla privacy decretate da Apple, e applicate in iOS 15, non sarebbero così rigide come suggerisce la sua comunicazione. Il quotidiano britannico, infatti, ha ottenuto diverse prove dalle quali emerge che Facebook e Snapchat, possono oggi continuare a condividere dati a fini pubblicitari provenienti dagli utenti iPhone, “purché tali dati siano anonimi e aggregati e non legati a specifici profili utente”.
Gli esempi di Snapchat e Facebook
Il quotidiano economico cita due esempi: Snapchat e Facebook, che si sarebbero mossi in questa direzione. Secondo quanto riferito, Snapchat ha detto ai suoi investitori che prevede di condividere i dati dei suoi 306 milioni di utenti, compresi quelli che non desiderano essere tracciati. Sheryl Sandberg, direttore operativo di Facebook, secondo quanto riferito, ha affermato che il social network è impegnato in uno sforzo per “ricostruire l’infrastruttura pubblicitaria” utilizzando “dati aggregati o anonimi”.
Perché è problematico?
Insomma, Apple avrebbe dato agli utenti la possibilità di dire no al tracciamento delle app. L’azienda, infatti, ha sempre vietato di vendere dati a inserzionisti o terzi. L’azienda di Cupertino ha addirittura costruito intorno a questa promessa tutto il suo modello economico. La stessa Apple raccoglie i dati anonimizzandoli, ma non li rivende. E’ questa la sfumatura.
È quindi difficile capire perché Apple lasci che Facebook e Snapchat raccolgano dati sui propri utenti, senza alcun compenso economico. È un errore tecnico o solo una scusa di marketing?