La presentazione dei nuovi modelli di iPhone ha dimostrato il gravoso ritardo tecnologico di Apple rispetto alla concorrenza, ma anche la sua straordinaria capacità di ammaliare il pubblico con idee semplici ma di grande impatto se sviscerate al momento giusto.
iPhone 12: nuovo o vecchio?
Se il nuovo iPhone 12 l’avessero presentato Huawei, o Samsung, sarebbe stato un sonoro flop. Non ci credete? Analizziamolo insieme…
Arriva il 5G, alla buon’ora…
Apple ha aperto la sua kermesse glorificando il suo primo smartphone 5G. Davvero? Di 5G se ne parla da almeno due anni, e i primi smartphone si sono visti al Mobile World Congress di due anni fa, l’ultimo prima della pandemia.
Display e design
Il notch di Apple è gigantesco. Il Huawei P20 (ne prendo uno a caso, ma potrei elencarne altri dieci), presentato ad aprile 2018, aveva un notch meno appariscente già due anni fa. Basta guardare le immagini per rendersene conto…
Ricarica Wireless
Apple ha presentato solo l’anno scorso la sua prima ricarica wireless, ovvero senza filo. Una soluzione tecnica che gli smartphone Android adottano da almeno due anni, con tempi di ricarica nettamente inferiori a quelli presentati da Apple. Non ci credete? Qui trovate la presentazione del Pixel 3 di Google, datata ottobre 2018: Pixel 3 presentazione. Anche in questo caso ho scelto a caso, eppure trovate un notch (che se leggete l’articolo era giudicato troppo grande perfino due anni fa) e la ricarica wireless. Già due anni fa. Senza contare che la ricarica wireless di Apple arriva al massimo a 15 W (ma solo sui nuovi modelli con MagSafe) mentre altri produttori come Huawei, adottano soluzioni di ricarica wireless fino a 40 W (basta guardare al SuperCharge Wireless Charger Stand di Huawei).
Fotocamera
Anche in questo segmento Apple è colpevolmente in ritardo ma bisogna fare qualche distinguo. Nonostante un numero di fotocamere nettamente inferiore (e con un numero inferiore di Megapixel) Apple è riuscita almeno in parte a non perdere terreno grazie a sensori di buona qualità e alla sua capacità di spingere al massimo il software proprietario, ma anche in questo adotta soluzioni già viste in passato sugli smartphone della concorrenza.
Il Sensore Lidar
Basta cliccare su Wikipedia per scoprire che il LIDAR (acronimo dall’inglese Light Detection and Rangingo Laser Imaging Detection and Ranging) è una tecnica di telerilevamento che permette di determinare la distanza di un oggetto o di una superficie utilizzando un impulso base. Come per il radar, che al posto della luce utilizza onde radio, la distanza dell’oggetto è determinata misurando il tempo trascorso fra l’emissione dell’impulso e la ricezione del segnale retrodiffuso. La sorgente di un sistema LIDAR è un laser, ovvero un fascio coerente di luce a una precisa lunghezza d’onda, inviato verso il sistema da osservare.
Una soluzione simile, con un sensore radar in grado di garantire una migliore messa a fuoco era stata già utilizzata, ad esempio, sull’LG G3. Non si tratta ovviamente della stessa soluzione (parliamo di uno smartphone del 2015) ma ci siamo vicini.
Il processore
Ad oggi Qualcomm con i suoi Snapdragon per la piattaforma Android è sicuramente leader nel mercato. In particolare la CPU di punta è oggi rappresentata dallo Snapdragon 865+ con processore octa core.
Il nuovo Bionic A14, il processore presentato da Apple, è una Cpu difficilmente confrontabile con quelle della concorrenza in assenza di dati tecnici più precisi ma qui il gap è meno evidente. Si tratta inoltre del primo chip miniaturizzato a 5 nanometri, laddove la concorrenza è a 7 nanometri, anche se qui abbiamo sei core, contro gli otto core dei dispositivi Android ma si tratta di un dato poco significativo, un po’ come parlare del numero di Megapixel della fotocamera, dove non sempre il valore più alto è sinonimo di migliore.
Il marketing
A dispetto di quanto detto fino ad ora, Apple è però avanti anni luce per quanto riguarda il marketing e la comunicazione. Osservazione forse scontata ma non banale. Chi ha seguito la presentazione di ieri sera si sarà accorto delle grandi novità, non tecnologiche, lanciate da Apple. La più eclatante è senza dubbio la decisione di non inserire più all’interno della confezione il carica batteria.
I detrattori di Apple hanno ovviamente criticano questa scelta in controtendenza ma che si inserisce in un disegno più grande. Solo pochi anni fa (diciamo una decina) Apple era una delle aziende meno attente all’ambiente, con scarsa capacità di riciclare le componenti dei suoi smartphone. Oggi i suoi smartphone sono riciclabili al 100% (l’anno scorso lo erano al 99%). Ha ridotto inoltre il packaging delle sue confezioni e praticamente azzerato le emissioni di Co2. La riduzione delle dimensioni del packaging permetterà, ad esempio, di incrementare del 70% il numero di iPhone impilati in un pallet, riducendo le emissioni per il loro trasporto. Secondo le stime di Apple equivale a rimuovere 450mila auto dalle strade ogni anno, mica pizza e fichi.
Insomma, una scelta green in linea con le ultime tendenze, un fenomeno già osservato da analisti autorevoli come GFK che, in questo articolo, evidenzia come in tutto il mondo ci sia una forte propensione dei consumatori a privilegiare le aziende “virtuose” .
La privacy
Infine, se vi è capitato di vedere qualche spot di Apple in televisione, avrete notato come l’accento non venga mai posto sulle caratteristiche tecniche, che per il consumatore finale poco informato sono difficili da interpretare, ma su quello che puoi effettivamente fare con il nuovo smartphone. Insomma, un utilizzo intelligente dello storytelling, già ampiamente copiato (in questo caso è Apple a innovare) dalla concorrenza. Ma la ciliegina sulla torta è proprio l’ultimo spot, quello in onda in questi giorni prima della presentazione. Quasi incomprensibile all’inizio, lo spot acquista un “senso” solo nel finale, quando viene evidenziato come gli smartphone di Cupertino siano sicuri dal punto di vista della privacy e dei dati personali. Un altro nervo “sensibile” per gli utenti, soprattutto in un mercato dominato dagli smartphone cinesi, al centro di controversie pesanti proprio in termini di privacy, nell’era dello spionaggio digitale vero o presunto.