Startup italiane

Le software house italiane: moda o settore su cui puntare?

Le software house italiane, rileva l’ultimo censimento effettuato dall’AESVI (Associazione Editori Sviluppatori Videogiochi Italiani) nel 2018, sono 127, di cui il 54% startup. Se il numero di aziende create per produrre videogames nel nostro Paese resta per il momento ridotto, è tuttavia in continua crescita. Fenomeno effimero o nuova realtà economica made in Italy su cui puntare nei prossimi anni?


Le software house italiane: giovani e con un fatturato ridotto


Il gaming in Italia è un settore ancora giovane e in via di sviluppo. Lo dimostrano il suo fatturato, che nel 2018 era pari a 1,5 miliardi di euro (contro i 140 miliardi di dollari del resto del mondo), e l’età delle aziende, le più “vecchie” delle quali hanno meno di vent’anni. Niente a che vedere con colossi come l’americana IGT, creata nel lontano 1975 e diventata talmente grande da creare, nel 2010, un’intera divisione dedicata allo sviluppo di giochi online e per mobile, o la giapponese Game Freak, nata nel 1989, che ha sviluppato il primo Pokemon (Pocket Monster) per GameBoy nel 1996 ed ha in seguito dato vita ai giochi della serie per console, PC e mobile. Le software house internazionali, che hanno potuto sviluppare progressivamente giochi per il settore mobile, hanno permesso indirettamente alle italiane di beneficiare della loro esperienza: è il caso di Microgaming, che ha sviluppato il primo software per un casinò online nel 1994 e il primo software per cellulare dieci anni dopo, nel 2004; inoltre, molte delle slot create dall’azienda, da Jurassic World a Game of Thrones, si trovano sul sito della piattaforma Betway Casinò online, diventata negli anni un solido partner della casa di produzione inglese. Nell’anno in cui Microgaming lanciava il suo primo prodotto mobile, a Benevento veniva creata Spinvector: una realtà dedicata esclusivamente al settore mobile (esattamente come la fiorentina Balzo) che con un fatturato dichiarato di 3 milioni di dollari è ora una delle 5 aziende italiane di gaming più floride. Una fortuna rispetto alle altre realtà nazionali: secondo i dati dell’AESVI, infatti, solo l’11% di esse dichiara un fatturato superiore ai 500 mila euro l’anno (tra queste, 5 superano i 2 milioni di euro), il 23% tra i 100 e i 500 mila euro, mentre il 66 % resta al di sotto dei 100 mila euro.


Gli sviluppatori italiani, tra mainstream e giochi creativi

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Nel 2018 il settore del gaming ha dato lavoro in totale a 1100 persone: un’inezia rispetto ai 1600 dipendenti della sola King Digital Entertainment, software house inglese creatrice di Candy Crush, tra le più note case di produzione di app per Facebook. Eppure anche le piccole aziende italiane, composte da 2 a 10 persone nell’83% dei casi e da più di 11 persone nel restante 17%, hanno saputo farsi strada nel mondo del gaming nazionale e internazionale. Cosí, se il gioco di realtà aumentata Pokémon Go, sviluppato dalla casa di produzione californiana Niantic, ha battuto ogni record mondiale con 100 milioni di download nel 2016, anche sul fronte italiano esistono produzioni di successo. È il caso di Sheep Up!, il primo gioco creato dalla milanese Bad Seed: le avventure dell’agnellino chiuso in una scatola di cartone hanno totalizzato 1 milione di download, e sono piaciute anche all’estero. La creatività italiana riesce ad esprimersi anche nel gaming: lo provano vari giochi. Nel 2017, ad esempio, Ovosonico ha sviluppato a Varese Last Day of June, un videogioco rompicapo distribuito in tutto il mondo, la cui colonna sonora è stata realizzata da Steven Wilson, frontman del gruppo progressive rock Porcupine Tree. La trama è poetica e più unica che rara: Carl, il protagonista, ripercorre i momenti che hanno preceduto la scomparsa della moglie June, morta in un incidente stradale, cercando di cambiare il corso degli eventi. Un pizzico delle nostre origini, se non altro per il nome dello studio che l’ha sviluppato, si ritrova in Downward, un percorso di ambientazione medievale sviluppato dalla romana Caracal Games, che ha vinto gli Italian Videogame Award come migliore opera prima. E per fare un salto nella science fiction basta pensare a Singularis, avventura nello spazio nata dalla fantasia dello studio torinese Dead Pixels.

Spesso ancora sottovalutato e non preso in seria considerazione da possibili investitori, il mondo delle software house italiane è tuttavia in continua espansione e in costante fermento. Un segnale chiaro in un Paese iperconnesso come l’Italia, in cui i fan dei videogiochi sono numerosissimi ma si ritrovano ancora, per forza di cose, a giocare principalmente con prodotti esteri.

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Andrea Puchetti

Appassionato di tecnologia fin dalla nascita. Sempre in giro con mille gadget in tasca e pronto a non farsi sfuggire le novità del momento per poterle raccontare sui canali di Cellulare Magazine.