Ne è venuto fuori un polverone mentre un hashtag lanciato su Twitter dal Forum dei giornalisti palestinesi invita a boicottare nientedimeno che Google (#BoycottGoogle). A suscitare polemiche intorno al celebre Motore di Ricerca sarebbe stata la decisione presa dai suoi vertici di eliminare la Palestina da Google Maps. I territori palestinesi (le aree della Cisgiordania e della Striscia di Gaza) vengono così integrati nello Stato di Israele.
Il Forum ha lanciato una petizione contro la scelta di Google definendola “contraria a tutte le norme e le convenzioni internazionali”. Oltre che responsabile di “falsificare la storia, la geografia e il diritto dei palestinesi alla propria patria”. Le adesioni raccolte in pochi giorni dal lancio della petizione sulla piattaforma Change.org sono state oltre 188.000.
Il colosso di Mountain View, raggiunto dal quotidiano spagnolo El Pais, avrebbe difeso la propria posizione specificando di aver modificato solo le informazioni che riguardano la regione palestinese. Se da un lato le mappe digitali non mostrano la voce Palestina, dall’altro basta digitare i termini “Cisgiordania” o “Striscia di Gaza” affinché i territori palestinesi vengano visualizzati e delimitati in modo corretto.
Il Forum grida comunque al complotto. E al “piano secondo cui Israele abbia voluto stabilire definitivamente il suo nome come stato legittimo per le future generazioni. Abolendo per sempre la Palestina”. Anche se il fatto è balzato nuovamente alle cronache quest’oggi, c’è chi fa notare che le “modifiche” apportate da Google risalgono addirittura ad alcuni mesi fa (quando le firme raccolte furono appena 25.000).
Strano gioco del destino. Nel 2013 Google aveva compiuto un passo in direzione diametralmente opposta creando l’home page di Google Palestina. E facendo infuriare le autorità d’Israele.