Rimodulazioni. Ancora rimodulazioni. Un modo elegante per non utilizzare la parola aumenti a cui la maggior parte degli operatori mobili sono diventati molto affezionati.
Il termine rimodulare, nella sua prima accezione, non presuppone certo un significato negativo o pessimistico ma, ahimé, il suo utilizzo nel campo delle telecomunicazioni è ormai destinato a una condizione peggiorativa.
Rimodulare significa aumentare, peggiorare una condizione precedente. Cioé alzare una tariffa (non ottimizzarla) renderla più costosa per il consumatore.
E di rimodulazioni si è parlato tanto in settimana: dapprima la notizia che Vodafone aumenterà a partire dal 15 luglio molti dei suoi piani tariffari di 1,98 euro; ora sarebbe la volta di Tim che, dalla metà di giugno “ritoccherà” verso l’alto alcune delle sue tariffe di 1,99 euro. Una pessima scelta di tempo per entrambi gli operatori che non solo pongono in essere peggiorative condizioni per i propri clienti ma si attivano praticamente insieme e agiscono in una medesima fascia temporale (oltre che di prezzi). Una vecchia e deprecabile abitudine che, in passato, ha fatto gridare i consumatori al cartello.
Ma questa volta a sottolineare ciò che sta accadendo è Benedetto Levi l’amministratore delegato di un altro operatore, Iliad, che della trasparenza, del tutto compreso e del “per sempre” ha fatto la sua bandiera. Una bandiera che ha permesso alla compagnia telefonica di raccoglierei oltre tre milioni e trecentomila di clienti in meno di 10 mesi di attività. Levi, in settimana, ha scelto Twitter come mezzo per esprimere il proprio sdegno e ha detto:
“Puntuale come la Primavera torna il tempo delle rimodulazioni per gli storici operatori Telco: non ci si preoccupa degli utenti e questi ora dovranno pagare di più. È difficile fare la differenza se non si è diversi”.
Insomma, un bel sasso tirato a chi, con poco riguardo per i propri clienti, continua imperterrito sulla strada di lanciare tariffe convenienti per poi aumentarle nel giro di pochi mesi.
Ai consumatori non resta che una strada. Quella del recesso e della portabilità verso un altro operatore. Ma in presenza di continue rimodulazioni da parte della maggior parte degli attori del mercato, anche questa scelta rischia di essere una “finta scelta”. Cadere dalla padella nella brace non è poi così tanto improbabile.