Il presidente della Commissione Europea, Junker

Roaming: marcia indietro dell’Europa sui 90 giorni

È già battaglia sulle regole anti-furbetti che riguardano il roaming internazionale. La normativa attuatoria della decisione della Commissione europea che ha disposto l’abolizione del roaming internazionale dovrà essere approvata entro il 15 dicembre ed entrare in vigore a partire dal 30 giugno 2017.

Da tale data infatti, i consumatori potranno utilizzare la propria tariffa nazionale in tutti gli stati dell’Unione Europea (roam like home). Con alcuni limiti, imposti dal cosiddetto “fair use”. Per assicurare un utilizzo del proprio smartphone non contrario ai principi delle disposizioni. Insomma, per far sì che la normativa creata a tutela del consumatore venga utilizzata per truffe ai danni degli operatori.

Il rischio che gli utenti acquistino nuove Sim in Paesi con tariffe più basse per poi adoperarle abitualmente nel nostro, violando la cosiddetta fair use policy (politica di uso corretto) c’è e va scongiurato.

Ma si è iniziato con un autogoal: pochi giorni fa infatti, la UE era venuta allo scoperto. Proponendo di concedere l’uso della tariffa nazionale all’estero per 90 giorni all’anno. Con l’obbligo però di connettersi alla rete nazionale almeno una volta ogni 30 giorni. Nessun limite invece per i lavoratori e gli studenti transfrontalieri e per chi ha abbonamenti illimitati, purché i valori di consumo restino nella media. Ciò significa che se mediamente consumiamo 5 GB di Internet al mese in Italia, non potremmo esaurirne 5 in un giorno recandoci a Parigi, senza vederci addebitati costi ulteriori in qualità di sanzione.

Ma le proposte sono state subito respinte da Jean-Claude Juncker, Presidente della Commissione europea, dopo le numerose critiche piovute sul provvedimento, che richiedevano con forza un maggiore impegno nel sostenere gli interessi dei consumatori. E sono così state ritirate.

Il cuore del problema sono proprio i 90 giorni (che fra l’altro avrebbero dovuto essere interrotti ogni 30 giorni con un ritorno sotto copertura domestica). Gli operatori li considerano ampiamente sufficienti a coprire il periodo medio di permanenza all’estero dei propri clienti. I consumatori e alcuni membri della Commissione Europea, li ritengono insufficienti e pensano si stia correndo il rischio di vanificare una decisione storica. Trasformandola in un’occasione mancata e in un’abdicazione ai doveri di difesa dei consumatori stessi.

Kathleen Van Brempt, vicepresidente del gruppo dei Socialisti (S&D) al Parlamento europeo, ha apprezzato la decisione di oggi, sottolineando che la Commissione Ue deve rispettare la politica promessa del “paga come a casa“. “Quando abbiamo negoziato con la Commissione e il Consiglio abbiamo sempre detto chiaramente che un periodo di tempo limitato non rispondeva al concetto di utilizzo equo. Ci sono studenti Erasmus o viaggiatori che varcano i confini europei per periodi superiori ai tre mesi. Abbiamo promesso un sistema che permetta ai cittadini di spendere per le telefonate come a casa”, ha concluso il vicepresidente.

Ora si attende un nuovo pacchetto di misure sul roaming, che saranno varate nelle prossime settimane. Certo, si è trattato di una falsa partenze di cui tutti avrebbero fatto volentieri a meno. E poco contano le parole di un imbarazzato Alexander Winterstein, vice portavoce dell’esecutivo, che ha spiegato il dietrofront. “Questo non è fare marcia indietro, a meno che lo sia tenere in considerazione le osservazioni dei propri interlocutori”.

In realtà, come ha ammesso lo stesso Winterstein, si deve tornare alla lavagna, per partorire qualcosa di più credibile.