C’è WhatsApp e poi ci sono Viber e Telegram: servizi di messaggistica istantanea che sincronizzandosi con la nostra rubrica telefonica ci mettono in contatto con amici e parenti. Basta scaricare l’app desiderata e comunicare il proprio numero telefonico al relativo servizio che provvederà, in pochi attimi, a inviarci un Sms contenente un codice numerico utile a verificare del numero la nostra reale paternità.
Un processo il più delle volte sicuro ma non inviolabile, soprattutto quando fra chi invia e chi riceve si interpongono soggetti interessati a spiare le conversazioni pur restando nell’ombra.
Telegram da questo punto di vista è sempre stato considerato uno dei servizi più sicuri. Lo è stato appunto, visto che negli ultimi mesi qualche tentativo di intrusione pare sia andato a buon fine. La più grande violazione è stata messa in atto da un gruppo di hacker iraniani che, con l’appoggio probabile di una compagnia telefonica, è riuscito a compromettere il processo di autenticazione e accedere alla cronologia dei messaggi di moltissimi utenti. Noto come Rocket Kitten, il team di hacker ha probabilmente agito in collaborazione con il governo locale impegnato a fronteggiare una frangia di oppositori. La violazione riguarderebbe circa 15 milioni di numeri di telefono e altrettanti profili associati alla nota app di messaggistica istantanea, tutti appartenenti a cittadini iraniani.