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Unieuro avanti con la forza delle idee. Intervista con l’amministratore delegato Giancarlo Nicosanti di Monterastelli

Giancarlo Nicosanti Monterastelli, Amministratore Delegato di Unieuro, traccia la rotta dello sviluppo futuro dell’insegna, divenuta public company dopo l’uscita dalla compagine azionaria del fondo Rhone.

«Mai temere di mettere in discussione le proprie idee, soprattutto quando le cose vanno bene». È una frase che Giancarlo Nicosanti Monterastelli, Amministratore Delegato di Unieuro, ripeterà più volte nel corso della nostra intervista, e che rivela, per certi versi, il segreto del crescente successo dell’insegna e i traguardi raggiunti negli ultimi anni. Ora che l’azienda, a seguito dell’uscita del fondo di private equity Rhone, è divenuta a tutti gli effetti una public company (ossia una società ad azionariato diffuso, n.d.r), il management è chiamato a scrivere una nuova storia, che non può che partire dagli eccellenti risultati degli ultimi anni. Per capire cosa cambierà e come sarà la nuova organizzazione, abbiamo posto alcune domande al suo AD, che ha il compito di guidare Unieuro nella nuova fase commerciale.

Il 2018 è stato un anno record per Unieuro con vendite per oltre 2 miliardi di euro. Siete diventati l’insegna leader per fatturato superando Mediaworld. Anche il 2019 è stato soddisfacente?
Veniamo da un 2018 in cui abbiamo superato i 2 miliardi e cento milioni di fatturato, diventando i leader nel settore retail dell’elettronica di consumo. Un traguardo che assume un valore ancora maggiore perché è stato raggiunto con i conti in ordine, con un’ottima redditività e offrendo un dividendo per i nostri azionisti che, per la prima volta, è stato superiore a un euro per azione. Insomma, un anno davvero molto importante. Migliorarsi, nel nostro campo, è sempre difficile e di questi tempi lo è ancora di più. Tuttavia, anche il 2019 ha visto una crescita a doppia cifra che rafforza la nostra leadership di mercato. Anche quest’anno presenteremo un conto economico sostenibile e in ulteriore miglioramento, dando ampia soddisfazione agli azionisti. Siamo contenti perché tutto questo è frutto di una strategia di successo che ci permette di guardare al futuro con ottimismo.

A proposito di futuro, come vede lo scenario italiano della grande distribuzione specializzata?
È un mercato che soffre la mancanza di marginalità e vive una competitività sempre più forte, con nuovi attori che arrivano sul mercato. Nonostante questo, la cosa più importante è che nelle aziende non soffrano le idee, perché solo così si possono trovare modi per continuare a crescere anche in un mercato difficile. Noi lo stiamo dimostrando con tante cose nuove, mettendoci ogni giorno in discussione e avendo sempre come focus principale l’attenzione al consumatore i cui comportamenti sono in continua evoluzione. Il nostro settore, in passato, è sempre stato molto statico. Sono in questa azienda dal 1982 e negli ultimi cinque anni sono successe cose che non erano successe nei precedenti 25. Oggi è cambiato tutto ed è più che mai indispensabile osservare con attenzione il consumatore. Abbiamo dovuto e voluto accettare la sfida dell’omnicanalità e dell’online, metterci in discussione e diventare a tutti gli effetti un’azienda multicanale.

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All’orizzonte si profila uno scenario di concentrazione delle insegne?
Penso si vada verso una riduzione del numero delle insegne mentre non sono per nulla sicuro che si andrà parimenti verso una riduzione dei punti vendita. Ci sono insegne, all’estero, che crescono di fatturato e continuano ad aprire negozi. È chiaro che una certa selezione ci sarà.

Guardandosi indietro, se dovesse elencare le azioni che hanno più contribuito al vostro successo cosa citerebbe?
Le idee, innanzitutto. Perché senza idee chiare e nuove non si va da nessuna parte; poi, la capacità di fare volumi, perché senza volumi non si sopravvive in questo mercato; ancora, essere stati capaci di mettere continuamente in discussione il nostro modo di lavorare, proprio quando le cose andavano bene.
La cosa più importante di tutte è forse stata quella di accettare la sfida del Web, cavalcandola e non subendola. Ci ha permesso di uscire dalle certezze del quotidiano e di cimentarci in nuovi territori, anche se a volte un po’ indefiniti.

E oggi, in quali direzioni porta il percorso di Unieuro?
Dobbiamo lavorare prima di tutto con il consumatore. È lui che sceglie. Poi con il mondo dell’industria, per trovare sinergie e mettere insieme le diverse professionalità.
Certo, sul territorio abbiamo lavorato tantissimo. Negli ultimi sei anni abbiamo acquisito 152 punti vendita e 233mila metri quadri di superficie che sarebbero andati ad altri settori. Abbiamo salvaguardato un potenziale di un miliardo e trecento milioni di euro di fatturato ma soprattutto abbiamo garantito un lavoro a 1.800 persone che altrimenti lo avrebbero perso.

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Guardando alla stretta attualità, quanto teme l’impatto economico del Coronavirus in Italia?
L’improvvisa propagazione del virus in Italia ha colto tutti di sorpresa e sta causando non pochi problemi all’economia italiana. Per Unieuro, la salute dei dipendenti e dei clienti viene prima di tutto. Abbiamo quindi rispettato scrupolosamente le ordinanze e preso precauzioni ad ogni livello: nei negozi, nel magazzino e in sede.
Certamente ci auguriamo che la classe politica fornisca risposte adeguate a questo problema, con determinazione ma anche con equilibrio, facendo attenzione a non mortificare troppo le attività produttive e distributive, già duramente provate.

Il consumatore è cambiato parecchio negli ultimi anni. Come lo inseguite?
Parto dal presupposto che oggi il consumatore ha tutti gli strumenti per decidere in assoluta autonomia quando, come, dove, a che ora comprare e dove ritirare il prodotto, dimostrando ogni giorno di voler essere totalmente libero nelle scelte. Noi, come azienda, dobbiamo porre in essere una strategia che gli permetta di usufruire della massima libertà e gli metta a disposizione tutti i touchpoint possibili, da quelli fisici a quelli digitali, passando per il call center e le nostre persone per soddisfarlo al meglio.
È fondamentale conoscere bene il proprio cliente: Unieuro vanta 7 milioni di carte fedeltà con oltre 2 milioni di utenti che hanno comprato negli ultimi dodici mesi. Grazie a questi programmi sappiamo cosa comprano, che marchi scelgono e quali sistemi di pagamento preferiscono. I consumatori fidelizzati sono il cuore della nostra azienda perché hanno una spesa pro-capite maggiore rispetto agli altri e assicurano una battuta di scontrino più alta.
Il nostro prossimo passo sarà quello di fare direct marketing, non al singolo ma a cluster di clienti ben definiti.
Nel nostro settore tendenzialmente oggi si fa la stessa offerta per tutti i clienti. Noi dobbiamo prepararci per essere in grado, in futuro, di fare offerte diversificate per cluster di clienti con comportamenti non omogenei. Su certe tipologie di prodotto, ad esempio, dovremo indirizzare offerte diverse anche solo a livello territoriale, proprio per adeguarci al cliente.

La fine del 2019 ha visto l’uscita del fondo Rhone. Come è stata preparata e come si configura ora il futuro di Unieuro. Come sarà la sua nuova organizzazione?
In realtà riconosco al fondo Rhone, che è stato in azienda oltre 14 anni, una notevole lungimiranza. Ci ha lasciato sempre la massima libertà sia strategica sia operativa. Oggi, il nostro azionista di riferimento è diventato il mercato finanziario, i nostri investitori. Naturalmente eravamo preparati da tempo a questo cambiamento. Non cambia molto per noi, andiamo avanti con totale continuità. Aumentano le reponsabilità del management e di chi è preposto a guidare l’azienda. In tutti questi anni abbiamo cercato sempre di offrire la massima soddisfazione ai nostri azionisti e così continueremo a fare.

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Come pensate di assicurare la crescita del titolo in Borsa e quali saranno le strategie e le direzioni di sviluppo del gruppo?
Il nostro è un titolo che al momento della quotazione valeva 11 euro e che in tre anni ha restituito agli azionisti oltre 3 euro di dividendi. Oggi vale 11/12 euro e credo continui a rappresenare un ottimo investimento per chi crede in Unieuro. Inoltre, sono convinto che il suo valore potrà continuare a crescere insieme alla nostra insegna. I recenti investimenti fatti nella piattaforma logistica e nei sistemi informatici supporteranno lo sviluppo dell’azienda e ci aiuteranno a essere sempre più vicini alle richieste dei consumatori e a conoscerli meglio. Ogni anno investiamo mediamente circa 30 milioni in infrastrutture e persone e questa politica ci porterà ad aumentare ancora di più il gap nei confronti di tanti nostri concorrenti.

Dunque il messaggio ai vostri partner è tranquillizzante. Nulla cambierà…
Tutto continua esattamente come prima, con grande responsabilità da parte del management. Pur con la consapevolezza che ci muoviamo in un settore difficile e complicato, i nostri clienti, partner, fornitori e investitori potranno verificare di giorno in giorno che la nostra strategia porterà valore all’azienda, facendo crescere i fatturati e permettendoci di dare continuità agli investimenti. In quasi tutte le categorie merceologiche abbiamo un price index superiore alla concorrenza. Questo significa valorizzare i prodotti insieme all’industria e cercare di accrescere i fatturati. Non ci possiamo fermare mai, tanto meno cullarci sui risultati positivi. Se il comparto in Italia vale 15 miliardi e in Francia più di 20, significa che possiamo fare meglio il nostro lavoro e crescere di più. Come? Formando meglio le persone, costruendo negozi più accoglienti e un sito Internet capace di dare più informazioni e di adeguarsi meglio alle tendenze del mercato, così da produrre più vendite e creare traffico all’interno del punto vendita fisico. Che poi è l’obiettivo di una grande azienda multicanale: comprendere al meglio la customer journey del consumatore e creare sinergia fra tutti i touchpoint per riuscire a essere un affidabile punto di riferimento per il cliente.

Qual è il vostro impegno nella formazione?
Investiamo fra i 2 e i 3 milioni all’anno, cifra alla quale si aggiunge l’impegno portato avanti insieme all’industria. Si tratta di un investimento importante, che dovremmo aumentare. In un momento in cui l’on-line rappresenta una parte crescente del nostro business e in presenza di molti consumatori che acquistano su Internet e poi ritirano il prodotto in negozio abbiamo bisogno di competenze e professionalità in grado di fare upselling e cross selling. Non dobbiamo concludere la comunicazione con il cliente nel momento in cui questi ha comprato un prodotto ma consigliarlo e guidarlo, per fargli capire che il suo acquisto può essere ancora più soddisfacente abbinandogli un altro articolo. È un passaggio non facile ma molto importante.

Quale sarà il futuro del portale Monclick? E quale il vostro disegno di omnicanalità?
Monclick S.r.l. andrà verso un’integrazione all’interno di Unieuro. Entro il 2020 ci sarà la fusione fra le due società. È un asset importante che ha il compito di operare soprattutto sul fronte del B2B con eccellenti competenze in questo settore. Deve essere di supporto alle tante aziende che necessitano di aiuto nella ricerca di soluzioni informatiche e credo debba ritagliarsi una nicchia di mercato per continuare a vivere in parallelo con Unieuro.it e all’interno del mondo Unieuro. È uno dei tanti touchpoint che dobbiamo offrire al consumatore.

Come sta andando la partnership con Finiper?
Il progetto di entrare nel mondo della grande distribuzione si sta rivelando di grande successo e l’abbiamo appena ampliato annunciando un accordo per cinque nuovi negozi Unieuro dentro altrettanti Spazio Conad in Lombardia e Veneto. Sfruttiamo un ambito dove la pedonabilità è senza dubbio maggiore rispetto a quella delle superfici di elettronica di consumo e intercettiamo un altro tipo di cliente al quale possiamo offrire la nostra competenza nei prodotti tecnologici. Essere presenti nelle aree destinate al food signifca: da un lato incrementare le nostre vendite, dall’altro fornire un nuovo touchpoint al consumatore.

Quali sono i risultati del progetto di presidio più capillare del territorio siciliano cominciato con l’acquisizione dei negozi Pistone?
Siamo molto soddisfatti. Abbiamo acquisito una società che aveva docici negozi e ne abbiamo aperti altri due. Questo ha aumentato la presenza della nostra insegna in Sicilia. L’operazione fa parte di una strategia testa a migliorare la presenza in alcune regioni dove riteniamo di non avere ancora una sufficiente rappresentatività. Continueremo con tale impegno anche in altre aree come, ad esempio, la Campania.

Oggi contate, fra negozi diretti e affiliati oltre 500 punti vendita. Nel futuro ci dobbiamo attendere un’ulteriore espansione o una razionalizzazione delle vetrine?
Vedo entrambe le cose. Una maggiore copertura nelle zone in cui non siamo abbastanza presenti ma anche una razionalizzazione nelle aree dove, per difficoltà o per scelte strategiche, abbiamo qualche vetrina di troppo. Penso che sia responsabilità di un’azienda come la nostra quella di avere una precisa politica delle aperture ma anche un’altrettata attenzione ai negozi che per qualche motivo sono in difficoltà o in sovrapposizione. Dobbiamo crescere in maniera responsabile e attenta, evitando il pericolo di cannibalizzare i negozi già esistenti, che nel nostro mercato è molto alto. Inoltre dovremo anche tenere conto della crescita dell’online, che è al momento il canale in maggiore ascesa e non può essrere ignorato quando si decidono le strategie delle nuove aperture.

A fine 2018 avete inaugurato l’hub logistico di Piacenza. Quali sono i vantaggi competitivi che vi ha assicurato il nuovo polo?
Ci ha dato il vantaggio di poter seguire la forte crescita della nostra azienda. Ci ha permesso di garantire un servizio di prim’ordine ai clienti, ai negozi, agli affiliati e a tutti i canali di vendita. Un investimento importante ma coerente con la necessità di avere una piattaforma logistica adeguata al tasso di crescita dell’insegna. Oggi la logistica è un fattore chiave, sia sul fronte on-line sia su quello fisico.

A proposito di logistica, Amazon è “il male assoluto” di questo mercato o è una realtà a cui, per certi aspetti, bisogna guardare con molta attenzione per imparare qualcosa?
Un’azienda che offre un tale livello di servizi e vanta un’organizzazione e una serie di strumenti come Amazon non può essere considerata «il male». Per certi versi va guardata, osservata e studiata. Alza l’asticella della competitività e quindi obbliga tutti a elevare il livello dell’offerta. Tuttavia, la nostra strategia è in parte molto diversa, perché gira attorno ai negozi fisici, che sono un importante valore.
Poi c’è l’argomento delle regole che non può andare disgiunto da tutto il resto, che è compito del regolatore europeo. Ritengo si debbano approvare norme identiche per tutti, per dare a tutti gli attori la possibilità di giocare ad armi pari. Guardando al mondo dello sport, non c’è una competizione nella quale due squadre giocano con regole diverse. Tutto questo, però, non è nelle nostre responsabilità: noi possiamo solo cercare di alzare l’attenzione su queste tematiche presso le autorità competenti, chiedere e pretendere che si intervenga in modo sostanziale.

Unieuro è molto impegnata anche sul fronte sociale. Come è nata l’idea della campagna “#cuoriconnessi” contro il cyberbullismo?
È un’iniziativa partita quattro anni fa. Un’azienda come la nostra che vende tecnologia ha la responsabilità di mettere in guardia i propri consumatori sui pericoli di un cattivo utilizzo della tecnologia stessa. Il bullismo e il cyberbullismo sono un male dei nostri tempi e quindi abbiamo voluto di aiutare i nostri clienti a un uso più responsabile degli strumenti tecnologici. Abbiamo realizzato un libro che nasce dall’esperienza di #cuoriconnessi, una campagna di sensibilizzazione e di informazione sul tema del cyberbullismo, realizzata in collaborazione con Polizia di Stato e dedicata agli studenti delle scuole secondarie. Dal 2016, anno di partenza del progetto, abbiamo incontrato oltre 30mila studenti in 42 tappe svolte in tutta Italia. Facciamo parlare le vittime, i ragazzi bullizzati o i genitori che hanno perso un figlio, pensando possa essere il linguaggio migliore che i ragazzi possano comprendere.

Una domanda personale. Come è cambiata la sua vita negli ultimi anni con le crescenti responsabilità di cui ha dovuto farsi carico?
Non è cambiata molto perché nelle scelte professionali ho sempre messo l’azienda prima di tutto. Ho la fortuna di avere tante persone che condividono le stesse mie idee e che mi aiutano nella conduzione quotidiana. Certo, oggi è tutto più difficile ma il mio lavoro offre anche grandi soddisfazioni. Quando penso che solo in questi ultimi cinque anni abbiamo ridato speranze e lavoro a 1.800 persone che rischiavano di perderlo mi passa la stanchezza. È una di quelle cose che ti ripaga dagli sforzi e dalle preoccupazioni di tutti i giorni.

Quando vede un punto Unieruo cosa fa?
[Sorride] Per 15 anni ho partecipato all’apertura di tutti i nuovi punti vendita Unieuro e ho condiviso corse, ansie, problemi e soddisfazioni. Viaggio con tempi molto stretti ma quando ho qualche minuto entro sempre nei nostri negozi. Soprattuto nei punti vendita storici, perché so che troverò persone che lavorano con me da più di 20-25 anni, persone senza le quali non saremmo diventati quello che siamo.

GIANCARLO NICOSANTI MONTERASTELLI
Giancarlo Nicosanti Monterastelli è nato a Meldola (FC) il 18 gennaio 1959. Vanta un’esperienza più che trentennale all’interno di Unieuro S.p.A.: è entrato a farne parte, infatti, nel 1982, come impiegato dell’ufficio amministrativo, occupandosi di distribuzione e vendita al dettaglio di elettrodomestici ed elettronica di consumo. Dopo essere stato nominato direttore commerciale nel 1990, dal 2005 ha ricoperto la carica di Amministratore Delegato. Oltre a definire le strategie aziendali di sviluppo e di vendita volte a ottimizzare i profitti, si occupa anche di gestire i rapporti di collaborazione commerciale e di coordinare le aree relative a operazioni straordinarie, finanza e distribuzione.