Secondo le classifiche, WhatsApp e Facebook sono i social più popolari e le applicazioni più scaricate con tempi di utilizzo giornalieri sbalorditivi. Tutte le persone ormai hanno uno smartphone e trascorrono molto tempo a chattare con i propri amici usando un tipo di scrittura che somiglia molto al parlato informale.
Da qui nasce l’uso del termine “chat”, parola che deriva dall’inglese e che sostituisce il nostro “chiacchierare“. WhatsApp, come molte altre chat presenti negli store, si presta ad un tipo di comunicazione superficiale dove prevale il chiacchiericcio. Non solo, grazie alle emoticon tutto è più semplice.
Infatti, si può esprimere rabbia, felicità e tante altre emozioni con una semplice faccina. Ad ogni modo, la chat di WhatsApp, pur privilegiando la conversazione superficiale, rimane uno strumento utile sia per lavoro che per la vita quotidiana. Un esempio pratico? Immaginate di perdervi e voler chiedere aiuto. Grazie a questa applicazione, condividendo la posizione con il GPS, è possibile farsi raggiungere dai propri amici o parenti.
Sempre su Facebook
Il consumo di Facebook influisce in modo importante sulla nostra mente, lo si capisce anche intuitivamente. I più recenti studi e ricerche lo dimostrano.
Ci sono casi in cui una persona su Facebook entra in depressione a causa per l’invidia dei contenuti pubblicati da altri.
L’Happiness Research Institute di Copenaghen, grazie al “Facebook Experiment”, ha dimostrato inoltre come le persone, se private per una settimana dei social, riscontrano un aumento dell’attività sociale nel mondo reale, minori sensazioni di rabbia o solitudine e maggiore felicità.
L’esperimento compiuto da Facebook stessa nel 2014, sul contagio emotivo tra gli utenti, ha dimostrato in maniera lampante come l’umore e le emozioni di chi usa il social network siano fortemente influenzati da ciò che pubblicano gli altri.
Come sta cambiando la nostra mente da quando usiamo i social?
I luoghi come Facebook sembrano concepiti apposta per farci passare da uno stimolo all’altro, con sempre maggiore scarsità di testo e abbondanza di immagini, citazioni, video brevissimi. Un effetto è sicuro: tutti social media ci rendono più superficiali, ma anche più manipolabili perché i messaggi veicolati con tali modalità, basano la loro influenza sull’efficacia emotiva e non certo sulla deontologia professionale del giornalista.
Non è da sottovalutare il fatto che quando si è su un social network, si naviga all’interno di uno spazio apparentemente pubblico ma in realtà è privato. In pratica è la Facebook Inc. che stabilisce tutte regole del gioco, cambiandole a proprio piacimento nella propria macchina virtuale.
Il ruolo dei social network sull’informazione
I social sono diventati sempre di più una fonte primaria d’informazione. Il feed degli aggiornamenti che scorre sul display degli smartphone alimenta come una sorgente il desiderio di essere sempre al corrente dei fatti e delle tendenze del momento. Tale flusso di informazioni è costituito da un mix di tre tipologie di fonti:
⦁ le pagine su cui si appone “mi piace”;
⦁ gli aggiornamenti dei nostri amici;
⦁ gli aggiornamenti promozionali.
Il flusso di informazioni è molto eterogeneo: le foto delle feste di compleanno dei figli si mescolano alle massime filosofiche, agli articoli di denuncia alle dichiarazioni d’amore per qualche marchio famoso, tutto all’interno di un abbondante zuppa di commenti e like.
Scambiare queste informazioni diventa semplice perché nella realtà gli amici sono prevalentemente persone che la pensano come noi, che rafforzano gusti e opinioni che già si hanno, a volte perfino radicalizzandole. All’interno del giardino Facebook gli utenti cercano sempre più l’informazione. Non è un caso che ad oggi il 62,87% degli americani adulti si informa tramite i social network.
Un’ultima riflessione: quale sarà il futuro digitale dell’informazione?